La Stampa
TRIESTE
Ricercatori italiani hanno scoperto una serie di piccole molecole di Rna che rimettono in moto le cellule cardiache, innescando il processo di riparazione dopo un infarto. Senza la classica “cicatrice” e senza ricorrere a cellule staminali, ma con la stessa modalità usata dalle salamandre e dai pesci, una funzione persa dai mammiferi durante l’evoluzione.
Lo studio, pubblicato su Nature, è stato condotto nei laboratori dell’Icgeb (Centro internazionale per l’ingegneria genetica e le biotecnologie) a Trieste, in collaborazione con il Centro cardiovascolare dell’Azienda ospedaliera universitaria cittadina.
I ricercatori, coordinati dal direttore dell’Icgeb di Trieste Mauro Giacca, hanno identificato una quarantina di microRna in grado di stimolare la riparazione cardiaca, rimettendo in moto le cellule del cuore danneggiato da malattie o dall’età. Un risultato fra i più importanti a cui punta la ricerca medica, visti i numeri ”da epidemia” delle malattie cardiovascolari nel mondo: una persona su tre muore a causa di queste patologie, 15 milioni di nuovi casi di scompenso cardiaco vengono diagnosticati ogni anno, di cui l’80% causati dall’ischemia dopo infarto. La terapia e il ricovero dei pazienti in ospedale costa il 2% del Pil dei Paesi industrializzati, ma i farmaci disponibili sono essenzialmente quelli sviluppati fino agli anni ’90.
«Il problema chiave – spiega Giacca – è dovuto all’incapacità delle cellule del cuore, nel corso della vita adulta, di proliferare e dunque di rigenerare il tessuto contrattile danneggiato, ad esempio dopo un infarto. Abbiamo cercato sostanze biologiche in grado di stimolare la rigenerazione del cuore ».
Attraverso uno screening robotizzato, il team dell’Icgeb ha analizzato la funzione di un migliaio di microRna (piccole sequenze di Rna con funzione regolatoria) codificati dal genoma umano, scoprendone 40 capaci di assolvere a questo compito. Alcuni microRna sono proprio quelli normalmente attivi durante lo sviluppo embrionale, quando il cuore si forma e le sue cellule sono ancora in grado di replicarsi, ma la loro espressione si spegne immediatamente dopo la nascita.
Quando questi microRna vengono somministrati a un cuore che ha subito un infarto, prosegue Giacca, sono in grado di rimettere in moto la replicazione dei cardiomiociti e quindi stimolare la riparazione del danno, non attraverso la formazione di una cicatrice come avviene normalmente, ma promuovendo la formazione di nuove cellule cardiache. Senza il bisogno di ottenerle utilizzando cellule staminali. In pratica, si mette in moto lo stesso meccanismo con cui si ripara il cuore delle salamandre e dei pesci.
La scoperta di questi microRna, sottolinea l’esperto, potrebbe avere straordinarie valenze applicative: potrebbero essere sviluppati per produrre veri e propri farmaci che, inoculati dal cardiologo nel cuore subito dopo l’infarto o nei pazienti con scompenso cardiaco, stimolano la rigenerazione di porzioni del muscolo riparando le parti danneggiate. In laboratorio i ricercatori hanno visto che dopo l’utilizzo di questi microRna il cuore diventa più grande e pieno di cellule in replicazione attiva, riconoscibile dai ”puntini rossi” i nuclei dei cardiomiociti stimolati a proliferare.
Fonte: La Stampa